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Redazione articoli: cosa č la regola delle cinque "W"
La Regola
Affinché un testo giornalistico tratti un argomento in modo chiaro e comprensibile, deve seguire lo schema delle 5 W, ovvero deve rispondere essenzialmente a 5 domande, che in inglese si caratterizzano per il fatto di iniziare tutte e 5 con “W”:
WHO (chi?)
riguarda gli individui, che hanno preso parte al fatto;
WHAT (cosa?)
riguarda il fatto accaduto in sé, ovvero la descrizione degli eventi;
WHEN (quando?)
indica il tempo dell'accaduto;
WHERE (dove?)
indica i luoghi coinvolti nel fatto;
WHY (perché?)
dà un motivo al fatto, la causa che ha portato al verificarsi di tali eventi;
La presenza dei cinque elementi, indipendentemente dalla lunghezza dell'articolo, rende in sé completa la notizia. La mancanza, anche solo di una delle 5 W - ad eccezione del "Why" (che in casi può mancare) rende l'articolo incompleto. Le 5W possono ovviamente comparire anche in una sequenza diversa da quella proposta. Può capitare, come detto, che nella notizia a volte non sia presente la quinta W, quella cioè che definisce il 'perché' di un avvenimento. La notizia può comunque essere considerata completa, visto che è possibile che in alcuni casi il 'perché' non venga esplicitato.
La critica
Il testo che segue è un estratto di un libro molto utile per chi vuole intraprendere una carriera giornalistica: Alessandro Barbano, "Professionisti del dubbio, percorsi per un nuovo giornalismo" Lupetti Editore.
In principio erano le cinque "W". Entravi in un giornale e ti snocciolavano le regole del giornalismo anglosassone come fossero il Vangelo: "Who-Chi, What-Che cosa, Where-Dove, When-Quando e Why-Perché". Ancora oggi qualcuno ci prova. Eppure negli ultimi dieci anni le questioni che il giornalismo ha affrontato sono diventate di una tale complessità da presupporre riferimenti meno empirici e una preparazione adeguata. Mancano gli uni e l'altra.
Innanzitutto e’ cambiata la storia del mondo, e la maggior parte delle aziende editoriali italiane ha introdotto innovazioni tecnologiche che hanno modificato radicalmente il modo stesso di fare giornalismo. Ma non c'è ancora un sistema di valori professionali moderni a cui un giovane praticante possa ispirarsi, se si eccettua un groviglio di credenze spaccato come verità rivelate e incontestabili.
Quando la mia generazione prese a frequentare le redazoni, circolava un libro, in cui si raccomandava tra le altre cose di non usare mai gli avverbi con il suffisso finale "mente". Perché agli autori non piacevano! Se andate ancora oggi per giornali, vi accadrà di incontrare un esperto uomo-macchina, magari con i gradi di quadro dirigente, che vi "inizierà" ai segreti del mestiere spiegandovi che un formato tabloid si compone di sei colonne, e che mai dovrete sognarvi di disegnare un menabò dividendolo in due blocchi di tre colonne ciascuno.
Perché mai? – chiederete voi, ingenui. E vi sentirete rispondere che "è brutto". addirittura "bruttssimo' - vi dirà ancora il vostro guru mediatico - dividere le sei colonne con pezzi a scalare o a crescere: tre-due-uno o uno-due-tre, per intenderci.
Non impiegherete molto tempo per rendervi conto chequesti assiomi sono la misura della nevrosi dei giornalisti e non i cardini di un progetto di comunicazione. Rassegnatevi: l'intero giornalismo italiano vive su queste regole, la prima delle quali è quella che ci indica la nozione di fatto o di notizia.
Le cinque "W", mutuate dal giornalismo anglosassone, imponevano nelle prime dieci - che dico!, cinque righe del pezzo - la rappresentazione del fatto secondo i suoi elementi identificanti: Chi, Che cosa, Dove, Quando e Perché.
Era tutto molto semplice e ci permetteva di catalogare in poche categorie la complessità del mondo. C'erano la bianca, la nera, la rosa, la politica, gli esteri, gli interni e via dicendo. E, nell'ambito della stessa categoria, c'era la rapina, il furto, il funerale dei morti ammazzati, ecc. ecc.
Esempio: "Cinquanta milioni è il bottino di una rapina compiuta ieri mattina da tre banditi armati e mascherati nella fliale del Banco di Napoli di Cuneo". La stessa formuletta si adatta a mille rapine diverse. Basta cambiare l'entità del bottino, il nome della banca, il numero dei banditi: il gioco è fatto.
Ancora oggi nelle redazioni dei giornali s'insegna così a scrivere ai giovani giornalisti, ignorando che per una serie di circostanze la comunicazione va incontro ad altri orizzonti.
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